Sono nato e cresciuto in una delle tante e oneste famiglie contadine che popolano le campagne sulle colline del Monferrato, in Piemonte. Infanzia posso dire felice, con genitori che ti coccolano e ti puniscono, tutto al momento opportuno. Cominci a far tesoro degli insegnamenti, a capire la differenza tra bene e male e intanto continui a formarti. Arrivano le prime responsabilità; la scuola. Ti comporti bene perché i genitori hanno piacere che tu porti a casa delle belle pagelle. Le certezze; i genitori ti danno delle certezze e ti rendi conto che hai un porto sicuro dove attraccare in caso di mare mosso. Arriva l'adolescenza, l'età critica (oggi posso dire -più per i genitori che per i figli-), l'età delle discussioni, delle incomprensioni, dei primi amori. Che confusione l'adolescenza!!.Poi arriva il lutto in famiglia, grave, pesante. È successo a tanti, purtroppo per gli altri non sono stato l'unico a soffrire il distacco dal proprio padre. Ma oltre al dolore familiare, un'altra cosa ha creato smarrimento in me. Le sicurezze e le certezze datemi e insegnatemi erano svanite. Tutto rimesso in discussione. Si trattava di ricostruire quelle certezze, ma adesso ero io che dovevo farlo. Ero io che dovevo costruirmi il mio sentiero mentale, ma questo l'ho capito anni dopo. Sono gli anni in cui è comodo dire che nessuno ti può capire, la regola era cogli l'attimo, del doman non v'è certezza. Gli ultimi anni dell'Istituto; finto-goliardici seppur tanto tristi con le enormi esagerazioni di alcol e tabacco per stordirti un po' e cercare di scappare da quella realtà indesiderata e opprimente. Risultato: tutta la settimana, studioso, lavoratore, responsabile. Fine settimana: stordito. Non era un bel quadro per mia madre, una madre che tanti mi invidiavano. Comprensiva, moderna, con una disponibilità estrema nei miei confronti, saggia. Purtroppo da parte mia, per diversi anni , furono doti mal ricambiate. Solo in seguito capii,anche quì, gli errori. Durante i giorni della settimana in cui ero responsabile, fare il contadino,con i miei vent'anni, coltivare vigneti e fare il vino di qualità per clienti decennali della famiglia per portare avanti l'opera di mio padre, non era per niente male. Ma mancava qualcosa; qualcosa che a quell'età, con gli ideali giovanili, i buoni sentimenti e la voglia di cambiare il mondo, mi spinse a cercare un secondo lavoro. Dopo qualche prova al banco delle bibite e dei gelati della PRO-LOCO della borgata ero pronto per il grande salto di un lavoro al ristorante come extra. Una domenica alcuni amici mi dissero se volevo andare con loro al ristorante, io non potevo e risposi che li avrei raggiunti per il caffè. Mi presentai verso le due e mezza e, già che ero li, chiesi al proprietario se gli serviva un cameriere. Paolo mi rispose chiedendomi se sapevo fare qualcosa. D'impeto il mio fu un NO ma altrettanto d'impeto dissi anche che avevo tanta voglia di imparare. Chiesi anche se i caffè che stava preparando erano per i miei amici. Alla sua risposta affermativa gli rubai il vassoio e avviandomi verso la sala dei commensali aggiunsi: “ ….può vedere se servendo questi caffè ai miei amici ho il garbo sufficiente per fare il cameriere oppure no.” Quando tornai dal salone dove c'erano anche altri commensali il proprietario mi disse che avrei dovuto presentarmi la domenica successiva per un matrimonio e lavorare come extra. La preoccupazione era forte e con la contentezza di aver ottenuto il primo ingaggio non riuscivo nemmeno a respirare. Ero letteralmente terrorizzato dal fatto di non saper fare niente ma ripensando al momento del mio ingresso in quella sala, con il vassoio dei caffè, e con diversi tavoli occupati da persone stranite nel vedermi; mi sentivo letteralmente “goduto” di quello che stava accadendo. La domenica successiva mi presentai all'ora prestabilita, completamente inebetito dalla paura di sbagliare, alcune presentazioni con gli “esperti” e poi ...a imparare. Arrivarono gli invitati, tutti mi davano ordini, ero un po' frastornato ma mi piaceva. Aperitivi,foto,tutti seduti: pronti-via! Paolo, il proprietario, in quel momento mi diede un vassoio di portata, un cucchiaio e una forchetta in mano ed esclamò: “..fai come fanno gli altri!!” Bella...terribile... giornata. L'inizio.
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Pensiero di un barman
L'ho letto per caso, sono rimasto colpito, ringrazio Vincenzo Romano e lo dedico ai barman che amano il loro lavoro!
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